La Chiesa di Santa Croce di Semestene

testimonianze orali di Salvatore Chessa

Allorché la fantastica e fantomatica Chiesa di Santa Croce di Semestene venne disgraziatamente demolita, nel lontano gennaio 1967, non avevamo nemmeno compiuto otto anni, ecco perché i nostri ricordi personali a suo proposito rimangono alquanto nebulosi. Perciò, in questa sede, cercheremo di riprospettare quanto ci fu riferito, nel 1975, dal nostro amato padrino di battesimo, il compianto Maestro Giovannino Marruncheddu, a suo tempo vera e propria memoria storica del patrimonio culturale semestenese, così come cantadore a chiterra di autentica  fama regionale (1).

Secondo quello che il Maestro aveva sentito narrare dai suoi avi (dae sos Mannos nostros), nei loro racconti del focolare (contos de foghile), l’antico paese di Semestene (Semestene Ezzu), sorto probabilmente nel periodo bizantino, era sistemato nei paraggi della Chiesa di San Michele, di cui ora esistono appena le fondamenta sulla vetta del colle che da essa ha mutuato il nome. Quando, presumibilmente sul declino del secolo XI o all’esordio del XII, tale centro demico venne definitivamente abbandonato, non è sfortunatamente dato sapere per quale specifica ragione, i suoi profughi decisero di stabilirsi nel sito propizio oggi chiamato Carrela de Santa Rughe (ovverosia “Contrada di Santa Croce”), dove, insieme alle loro casette, essi innalzarono un piccolo edificio sacro dedicato a San Giorgio, il quale fu pertanto il primo fulcro religioso del nuovo paese di Semestene (Semestene Nou) (2).

Molto più tardi, verso il crepuscolo del XVI secolo o all’alba del XVII, allorquando la moderna Parrocchiale di San Giorgio, assai più moderna ed imponente, venne eretta sulla postazione sopraelevata che domina tuttora le abitazioni del paese, il primitivo Tempietto di uguale denominazione fu a sua volta ingrandito e trasformato, per fungere da Oratorio alla Confraternita di Santa Croce dalla quale esso prese dunque il nome, perdendo in tal modo la sua dedicazione originaria.

La locale Confraternita di Santa Croce, di cui sventuratamente si conosce ben poco (tranne i suoi obiettivi basilari, non solo devozionali, ma persino caritatevoli ed assistenziali), venne con l’arrivo di Don Fredda, il Parroco così ostile al ripristino della Chiesa omonima. Venerdì Santo con la partecipazione della Confraternita (due dei relativi membri, per l’appunto, interpretando rispettivamente il ruolo di Nicodemo e di Giuseppe d’Arimatea, avevano quindi l’incombenza di schiodare Gesù Cristo dal suo Crocefisso), si dice che vi erano anche officiate, annualmente, tre messe cantate per onorare l’Invenzione della Santa Croce (3 maggio), la Domenica fra l’Ottava del “Corpus Domini” (la nona domenica dopo Pasqua) e l’Esaltazione della Santa Croce (14 settembre). Per giunta, mentre la Parrocchiale di San Giorgio era chiusa per qualche riattamento, le sacre funzioni liturgiche, nonché quelle collegate con il “ciclo dell’uomo” (battesimi, cresime, matrimoni, funerali), venivano forzatamente eseguite in Santa Rughe. L’ultima circostanza in cui la Chiesa di Santa Croce, ad onta della sua non brillante vetustà, dovette sostituire l’odierna Parrocchiale corrisponde col periodo dei restauri del 1956.

Dopodichè, oramai sprovvisto della Confraternita che ne legittimava l’esistenza, l’Oratorio finì per essere del tutto trascurato, con il tacito assenso di Don Fredda, diventando progressivamente inagibile e pericolante. In conclusione, malgrado il tenace tentativo di salvataggio da parte del Sindaco Nicolau Solinas, la Chiesa di Santa Croce fu purtroppo abbattuta, per opera dei Pompieri provenienti da Sassari, sul tramonto del mese di gennaio del 1967. Si racconta altresì che quando arrivarono i predetti Vigili del fuoco, poiché tanto il Sindaco Nicolau Solinas quanto il Vice Sindaco Lau Serra risultavano assenti, l’atto di demolizione venne comunque ratificato dall’Assessore Vincenzo Tramaloni, appositamente richiamato dalla sua azienda rurale per assolvere quell’infelice dovere d’ufficio.

Ad ogni buon conto, subito dopo l’annientamento della chiesa di Santa Croce, il vescovo di Alghero, esasperato dalle virulenti polemiche alimentate dal Prof. Michele Sanna nei confronti del Sacerdote Don Giovanni Faedda, trasferì quest’ultimo dalla “turbolenta” Parrocchia di Semestene a quella certamente “più tranquilla” di Santa Maria La Palma.

Articolo estratto da: G.Deriu;  S.Chessa, La Chiesa di Santa Croce di Semestene. Fonti scritte e testimonianze orali, Cargeghe, Documenta, 2007, pp. 35-38.

Docente ordinario di Italiano e Storia nelle Scuole Secondarie Superiori, Salvatore Chessa ha pubblicato saggi storico-sociologici concernenti la curatoria di Montes (odierni comuni i Osilo e Tergu), le ville di Semestene e Giave, nonché le Dimore rurali in Sardegna.

 

Note al testo

nota 1:
Marruncheddu 1975: Giovannino Marruncheddu, nato a Semestene nel 1933 e deceduto ad Oristano nel 1988. Senz’altro farcita di elementi dotti attribuibili alle proprie letture storiche, la sua rielaborazione della leggenda attinente alla costruzione dell’antica Chiesetta di San Giorgio in sa Carrela de Santa Rughe (Semestene Nou), da parte dei superstiti della villa di San Michele (Semestene Ezzu), si colloca temporalmente nell’estate del 1975 (pochi mesi prima che il Maestro convolasse a giuste nozze con una collega oristanese). Ricercato ed acclamato cantadore a chiterra nel corso della sua pur breve come intensa vita, il Maestro Giovannino Marruncheddu, a soli  vent’anni dalla sua dipartita,  sembra essere ingiustamente caduto nel dimenticatoio.

nota02:
Nondimeno, ancorché senza smentire apertamente codesta credenza popolare, altre tradizioni orali sostengono che la situazione dell’antica Chiesetta di San Giorgio non fosse affatto dissimile da quella dell’attuale Parrocchia d’identica intitolazione (Testoni 1964: Filippa Testoni  o “Tia Filippa”, nata a Bonorva nel 1889, residente a Semestene dal 1908 al 1967, e deceduta all’Ospedale di Sassari nel 1967; le sue narrazioni – raccolte da Giovanni Deriu – risalgono all’estate del 1964. Sotgiu 1974: Palmerio Sotgiu o “Tiu Prammeri”, nato a Semestene nel 1905 ed ivi deceduto nel 1975; la sua testimonianza – raccolta da Giovanni Deriu – risale alla primavera del 1974). Cfr. inoltre Deriu G. – Chessa S., Semestene ed il suo territorio dal Basso Medioevo agli inizi dell’Epoca contemporanea, Sassari, Edes, 2003.